Anni di partite. Tattiche. Periodi interminabili di studio e di miglioramento. Nella vittoria del secondo scudetto (della sua storia) dell’AN Brescia c’è, sicuramente, tanto di Sandro Bovo, maestro di tenacia e abnegazione. Da sempre, da quando la Leonessa ha sfidato i giganti del Recco, alla guida c’è stato un solo comandante. Non a caso “comandante”. Sì perché tutta quella forza, quegli spigoli e quella grinta tipica dei genovesi (popolo di navigatori), Sandro Bovo – che a Genova non solo è nato ma è anche cresciuto -, l’ha portata in seno, l’ha professata e l’ha fatta applicare a tal appunto ai suoi giocatori che, dopo quindici anni, lo Scudetto viene sfilato dalle mani della Pro Recco per arrivare nella città della Leonessa.
Coach Bovo, come sta? Quali emozioni dopo tanto lavoro?
“Sono molto contento, è innegabile. Diciamo che vincere una partita contro il Recco, di per sé, è già un avvenimento; vincere tre sfide su quattro è stata un’impresa. Quest’anno la squadra è stata, sicuramente, più apprezzata rispetto al passato e anche la qualità è stata notevole. Ciò che non è mai cambiato è stato lo spirito, quello è rimasto sempre lo stesso. Siamo stati bravi a credere in qualcosa che era difficilmente raggiungibile. Non abbiamo mai mollato. Nella vittoria e nella sconfitta siamo sempre rimasti gli stessi e oggi questo ci viene riconosciuto. Giustamente”.
A chi vuole dedicare questo Scudetto?
“Piero Borelli è la pallanuoto a Brescia. In vasca ci sono le foto di Piero e questa vittoria, questo scudetto, è tutto per lui”.
Quando ha visto quella espulsione, a pochi secondi dalla fine, cosa ha pensato?
“Ho pensato che avremmo dovuto difendere (ride, ndr). In quell’ultimo tempo non abbiamo attaccato granché. Siamo stati bravi a contenere il Recco e quegli ultimi due interventi di Cannella sono stati il simbolo di questa stagione, l’ho detto anche al ragazzo”.
Cioè?
“Prima l’intervento su Mandic poi la stoppata su Echenique, tutto in pochi secondi e a opera dello stesso giocatore. Questo significa non mollare mai. Questo è il grande pregio della nostra mentalità. Sia nelle vittorie sia nelle sconfitte non abbiamo mai cercato alibi. Abbiamo sofferto e metabolizzato”.
Quando ha capito che questo sarebbe stato l’anno giusto. L’anno dello Scudetto?
“È stato un anno particolare, difficile. L’arrivo di due giocatori come Vlachopoulos e Jokovic è figlio della pandemia; alcuni team hanno fatto scelte più prudenti e noi siamo stati bravi a portarli a Brescia… che poi, a ripensarci bene, non siamo stati neanche così tanto fortunati durante l’anno.
In che senso?
“Siamo riusciti ad allenarci tutti insieme solamente il 4 novembre. Abbiamo affrontato due quarantene e oltre quaranta giorni di collegiale della Nazionale. Poche partite e giocatori nuovi. Tutto questo ha reso le cose complesse ma siamo stati più forti anche di ciò che ci capitava. Siamo riusciti a mantenere un grande livello motivazionale, dal punto di vista fisico e mentale. Ecco, questo spirito, questa corretta attitudine a non arrendersi ha sopperito a tutto”.
Quanto avrebbe pagato per essere in acqua negli ultimi secondi?
“(Ride, ndr) No, no. Meglio se in acqua ci stanno loro. Tra un po’ annego durante i festeggiamenti”.
Adesso quale futuro si aspetta?
“Questa vittoria è stata una boccata d’ossigeno perché questi 15 anni sono stati, per l’ambiente, davvero impegnativi. Impegnativi ma di formazione. Spero che questa nostra vittoria sia di esempio per tutte le altre squadre affinché possano investire, affinché non smettano di credere che si possa vincere in questo sport. Il nostro deve essere un campionato che deve tornare grande e per farlo ci deve essere grande competizione. Molte altre squadre devono riprendere a provarci. Questo scudetto deve servire al movimento”.
E per il Brescia?
“Noi ci proveremo sempre, come abbiamo sempre fatto. Vedremo quale sarà la reazione della Pro Recco”.
Dovesse dare un titolo a questo scudetto quale sarebbe?
“Questo è stato lo Scudetto della resilienze e della perseveranza”.
Ma. Sac.