BRESCIA – “Loro non fanno il nostro sport. Sono una squadra di calcio prestata alla pallanuoto. Basta guardare il budget, basta guardare la rosa di giocatori che possono schierare quest’anno. Sulla carta sono un’avversaria inavvicinabile. Eppure…”.
Alessandro Bovo, 49 anni, si prepara anche quest’anno a mettersi al timone della Leonessa Brescia, la squadra che partecipa al campionato di Serie A1 di pallanuoto con l’etichetta di “eterna seconda”. Non per demeriti propri, sia ben chiaro: quella bresciana è una gran bella squadra, guidata da un allenatore con l’iniziale maiuscola. Peccato che sulla sua strada, Brescia trovi costantemente la “corazzata” Pro Recco.
Alla vigilia del primo appuntamento ufficiale della stagione, i gironi eliminatori di Coppa Italia (che Brescia salterà essendo già ammessa alle Final Eight), Alessandro Bovo ribadisce un concetto, chiudendolo però con un “Eppure..” che solletica la curiosità: “La storia dello sport è piena delle impensabili imprese di squadre che pur di fronte ad avversari nettamente più forti, sono riuscite a vincere”.
Ce la farà Brescia a rompere l’egemonia recchelina?
“Se guardiamo le forze che può mettere in campo la Pro – sottolinea Bovo – la risposta è scontata. Voglio però sottolineare che in vasca ci sono due squadre che hanno sette giocatori ciascuna, che la palla è una sola e che le porte dove segnare sono sempre due”.
Gli addetti ai lavori indicano Brescia come unica potenziale competitor…
“Rispetto allo scorso anno, l’arrivo di Pietro Figlioli e Valentino Gallo ha elevato l’asticella della qualità che potremo esprimere. Diciamo che nel lotto delle altre partecipanti al massimo campionato, Brescia è quella che ha le migliori potenzialità. Ha guadagnato spessore anche Ortigia. Altro club blasonati, invece, hanno un po’ tirato i remi in barca”.
Il solito “monotono” campionato non fa tanto bene alla pallanuoto…
“Pensare che i difetti del nostro sport siano solo quelli legati all’interesse attorno al campionato è un errore di valutazione. I motivi sono anche altri”.
Se le garantissero tutto quello che serve per risollevare la pallanuoto, lei innanzitutto cosa farebbe?
“In altre discipline ci sono due concetti che spesso fanno la differenza: competizione e comunicazione. Il nostro sistema deve attivarsi per creare un campionato che riscuota interesse e, soprattutto, deve farlo sapere. La priorità è quella di istituire una Lega che sia rappresentativa delle società: c’è in tutti gli sport ma non nella pallanuoto”.
Cosa risponde a chi sottolinea che, televisivamente, la pallanuoto non è uno sport godibile?
“Che è una parte di verità. Noi giochiamo in impianti che non sono stati costruiti per la pallanuoto. Ci stiamo adattando, ma molto spesso siamo in piscine che hanno poca luce o che hanno la vasca lontana dalla tribuna. In campo internazionale, invece, la pallanuoto ritrova tutta la sua effettiva spettacolarità. Penso alle riprese delle partite olimpiche o delle competizioni europee”.
Servirebbero più passaggi in tv?
“In un periodo storico dove nello sport tiene banco l’argomento dei diritti televisivi – dice Alessandro Bovo – la pallanuoto è una disciplina che ha “doveri televisivi”. La recente Final Eight di Champions League disputata in Italia è l’esempio lampante. Tutto quello che si è potuto vedere è nato solo grazie al decisivo supporto, pratico e tecnologico, che noi addetti ai lavori abbiamo dovuto garantire a chi ha trasmesso l’evento”.